venerdì 20 novembre 2009

Ivan Crico, Con il colore dell'amianto

CON IL COLORE DELL'AMIANTO

Costruivamo una vita, all’ombra
dei Cantieri. In alto, tuo padre
ed io, respiravamo una polvere chiara
di morte, colpo dopo colpo, mentre
il tetto dei nonni spariva, spariva
per proteggerci dal cielo quando con il colore
dell'amianto freddo soffiava il gelo da oltre
il confine. La polvere dalle fibre
delle tute a quelle del respiro

di tanti - alle fibre della fine
dei giorni ci incardinava prima, sempre
troppo prima del nostro tempo. Non aveva
mani come le nostre. Un cuore come il nostro
dai sogni visitato, chi nel nulla di ricche case
lontane non sporcava, come noi, le sue mani
per avere la luce dolce dai vigneti
sulla sua tavola

mentre ad un’altra luce - luce
a lui negata - ci consegnava.


Nella zona di Monfalcone, dove sono nato, la città che si vanta di costruire "le più grandi navi da crociera del mondo", quasi ogni famiglia ha almeno un parente ammalato o morto a causa dell'amianto. Si parla di 20.000 morti potenziali fino ai prossimi vent'anni ma moltissime sono le persone scomparse negli scorsi decenni senza conoscere la causa reale del loro decesso. Una strage silenziosa che non ha colpito soltanto gli operai ma, spesso, anche le mogli o le figlie che lavavano le loro caratteristiche tute blu (chiamate, nella nostra antica parlata bisiaca, "terlìs"). Una vera e propria divisa per intere generazioni, impiegata anche per fare i lavori di casa o nell'orto quando si andava in pensione. Una divisa senza medaglie, la cui unica decorazione era quella polvere lucente e assassina.L'uso dell'amianto era così diffuso e ovunque promosso che dai Cantieri Navali gli operai portavano a casa pezzi di scarto per riparare tubazioni, costruire piccole tettoie per le galline o i conigli. Un materiale facile da posare, economico, con cui si costruivano spesso anche tetti interi di capannoni o delle case più povere. Poi, quando si doveva sostituirlo, lo si sbriciolava a colpi di mazza. Con tutto ciò che ne consegue. L'innocenza di migliaia di persone è stata avvelenata da chi, nelle stanze segrete, conosceva da decenni la pericolosità tremenda di questo materiale. Dirigenti che si sono arricchiti a dismisura (costruendosi, anche qui, ville bellissime e ovviamente prive di strutture in amianto): strappando mariti, mogli, figli all'affetto dei loro cari. Persone che ancor oggi non hanno pagato (e forse non pagheranno mai) il loro conto. Ma molto si è fatto in questi anni e, in questo momento, qualche raggio di luce si profila all'orizzonte. Sempre troppo tardi, però. La vita non ha prezzo anche se qualche risarcimento, forse, arriverà. Chissà, vedremo.
*
Ivan Crico
Nato a Gorizia nel 1968, ha vissuto a Pieris fin dalla nascita. Attualmente risiede in un antico ed isolato borgo rurale del Friuli, a Tapogliano. Ha iniziato gli studi artistici nel 1981 diplomandosi in pittura all'Accademia di Belle Arti di Venezia.A partire dal 1983, ha iniziato ad esporre in numerose collettive in Italia e all'estero. Dal 1995 ha iniziato ad interessarsi anche alla decorazione antica e al restauro, lavorando in seguito a grandi lavori di ricostruzione di affreschi in prestigiose ville e palazzi storici. Dal 2002 è stato invitato a tenere dei corsi d'alta decorazione all'Istituto Statale d'Arte di Gorizia.Dopo essersi inizialmente segnalato come poeta in lingua, nel 1989 ha cominciato ad impiegare anche il nativo idioma veneto “bisiàc”, Suoi testi poetici e saggi critici sono apparsi, a partire dal 1992, sulle maggiori riviste italiane come "Poesia", “Lengua”, “Diverse Lingue”, “Tratti", "Frontiera”. Nel dicembre 1997 ha pubblicato Piture, a cura di Giovanni Tesio, per l'editore Boetti di Mondovì e nel 2003, per il Circolo Culturale di Meduno, con prefazione di Antonella Anedda, Maitàni (“Segnali di mare”). Nel 2006, per le edizioni del Consorzio Culturale del Monfalconese è uscita la plaquette “Ostane” (“Germogli di rovo”) e nel 2007 la raccolta "Segni della Metamorfosi" per le edizioni della Biblioteca di Pordenone. Nel 2008 ha pubblicato la raccolta "De arzent zu" per l'Istituto Giuliano di Storia e Documentazione di Trieste.Della sua poesia si sono occupati i maggiori critici italiani da Brevini a Tesio, da Villalta a D’Elia.Per diversi anni ha organizzato, nell'antica chiesa di Santa Maria in Monte a Fogliano (GO) incontri di poesia con poeti italiani, esteri e in dialetto accompagnati da importanti musicisti. Figura tra i nove autori selezionati per l’antologia "Tanche giajutis" curata da Amedeo Giacomini, che comprende i poeti più significativi nei dialetti e le lingue minori degli ultimi decenni del Friuli Venezia-Giulia. Suoi testi compaiono nell'antologia "I colors da lis vos" curata Pierluigi Cappello, Associazione Culturale Colonos, 2006, e nel libro "Cinquanta poesie per Biagio Marin", a cura di Anna De Simone, Fabrizio Serra Editore, Roma, 2009. Nel 2009 ha ricevuto il maggior riconoscimento dedicato in Italia ai dialetti e alle lingue minoritarie, il "Premio Nazionale Biagio Marin".

6 commenti:

  1. Da Ivan Crico. Grazie, Davide, per l'ospitalità. La poesia parte dalle parole di mia madre, per dire che non parliamo di cose astratte, ma del nostro sangue. Solo nella mia famiglia una decina di persone sono morte o sono ancora gravemente ammalate a causa dell'amianto. Questa è la realtà, a lungo negata. Che nessun risarcimento risarcirà finché non sarà fatta giustizia.

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  2. una poesia intensa e commovente che definire "civile", un non-categoria poetica, sarebbe riduttivo.
    un caro saluto a Ivan e Davide

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  3. Da pochissimo ho seguito su Rainews24 a Diritti Negati, un bellissimo servizio su questa tragedia dell'Amianto.Monfalcone e testimoni..mi hanno fatto piangere di rabbia ed impotenza!
    Ivan, sei un'artista a tutto tondo e ciò che fai è coerente e con-sonante a quanto di te leggo.
    Fin dal primo momento,a proposito di Grotte e vacuo.Ricordi? Grazie!!!! NMarlene

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  4. Grazie a te, Ivan, per il bell'intervento.
    Davide

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  5. Ciao Ivan.

    Mi hai fatto tornare alla mente che anche mio nonno Giuseppe lavorava negli anni '40 ai cantieri di Monfalcone. Mi hai fatto venire in mente il garage fatto dei blocchi di cemento che erano avanzati dalla costruzione della stalla.
    Anche quella lurida rimessa era coperta con una tettoia di amianto che proteggeva, al margine del cortile sporco di deiezioni di galline, la bianchina di mio nonno con le guarnizioni dei vetri coperte di licheni...

    Un abbraccio,

    alberto

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  6. Caro Ivan, ti ringrazio per questo mattone di memoria civile posato in questa terra indifferente. Un caro abbraccio. F. Franzin

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