Il non potere di Davide Nota
Se dicessi che questo libro, Il non potere (2002-2013), è bello, non credo che con tale epiteto ne darei poi una valutazione sufficiente, e meno ancora esauriente. Sono infatti certo di trovarmi di fronte a un libro importante, necessario. Si attua nelle sue pagine una bellezza per così dire trascesa, che si risolve in altri inediti valori, probabilmente quelli che un tempo si attribuivano al sublime.
Se dicessi che questo libro, Il non potere (2002-2013), è bello, non credo che con tale epiteto ne darei poi una valutazione sufficiente, e meno ancora esauriente. Sono infatti certo di trovarmi di fronte a un libro importante, necessario. Si attua nelle sue pagine una bellezza per così dire trascesa, che si risolve in altri inediti valori, probabilmente quelli che un tempo si attribuivano al sublime.
Avverto in ogni testo una
forza aspra, risentita, dura, ma non priva di una segreta e quasi
serena imperturbabilità o determinazione (o magari anche speranza).
Penso proprio che una lettura attenta e disposta a seguire con
fiducia ci conduca in zone inesplorate o, per restare ai francesi, in
regioni già intraviste e in parte viste, sulla traccia di
Baudelaire, almeno da Rimbaud e Lautréamont.
Naturalmente non cʼè
nulla di imitativo, perché in tal caso sarebbe una catastrofe. Il
percorso è diverso: nuovo, personale, moderno, nostro (per
quanto ne so io). Spesso, leggendo, mi si è affacciato il
ricordo del “drapeau noir” (segno insieme di disfatta e di
lotta a oltranza) issato dallʼ“Angoisse”,
provocata dallʼ“Espoir
vaincu”, alla fine del magnifico quarto Spleen di
Baudelaire.
Questi testi di inizio
secolo non hanno mai il carattere della rassegnazione e lasciano
scarso spazio al ripiegamento elegiaco (ciò è affermato dallo
stesso tipo di scrittura). Disperati, sì, ma non rassegnati. Sto
pensando soprattutto a “La carne”, alla suite de “Il
fiore del fascismo universale” (specie III e IV), a “La rivolta”,
a “Preghiera” e naturalmente al grande componimento conclusivo,
“Il tarassaco” (che è tra lʼaltro
la mia pianta prediletta: antica, umile e forte).
Ma sarebbe lʼintero
libro da ricordare... Onesto, doloroso ed esaltante itinerario verso
ciò che è vero e giusto.
Mario Richter
Mario Richter
Mario Richter (1935), francesista, studioso di poesia moderna, professore già ordinario di Lingua e letteratura francese allʼUniversità di Padova. Ha
curato le Opere
complete di
Rimbaud (Einaudi 1992). Tra i suoi libri: Apollinaire (il
Mulino 1990); Viaggio
nell'ignoto. Rimbaud e la ricerca del nuovo (Carocci
1993); Baudelaire,
«Les Fleurs du Mal». Lecture intégrale (Slatkine
2001).
Davide Nota, Il non potere (2002-2013), Sigismundus Editrice, 2014
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