La gloria del fascismo
Rileggendo l’ ”Appunto 67” di Petrolio di Pier Palo Pasolini.
Ogni potere è fascista. Ogni potere è destinato alla gloria perché in esso c’è l’assoluta dominanza del passato. E del mistero: il “mistero dei padri” che ucidono i figli e li sopravvivono. “Il mistero della vita dei padri è nella loro esistenza”, scrive Pasolini. Una esistenza che è preclusa ai figli. E’ taciuta. Diventa essa un valore da accettare e da assorbire e da credere. Senza comprensione. Senza redenzione. L’esistenza si vive col corpo. Il nostro corpo vive per noi; ascolta e si nutre per noi. Il nostro corpo è il solo testimone. Se non viviamo col corpo noi non esistiamo. Dobbiamo vivere col nostro corpo per essere liberi. Dobbiamo sentire la sofferenza del corpo per liberarci. Se non viviamo col corpo non viviamo né siamo vissuti e non potremo essere liberi. Le cose astratte e spirituali, cioè reali, “si vivono solo attraverso il corpo”. Vissute fuori dal corpo o con un altro corpo non ci appartengono. E ne siamo dominati, ne diventiamo servi. Possiamo allora solo essere discepoli. E sofferenti in quanto mancanti. Mancanti di vita, di esperienza vitale, di sofferenza, di tragedia. “Ciò che è vissuto nel corpo dei padri, non può più essere vissuto nel nostro” scrive Pasolini. Il passato è un tempo infinito e reale. E spirituale. Ma non ci appartiene in quanto esperienza. Ne siamo solo discepoli. Non abbiamo vissuto col corpo il passato: ne siamo soltanto l’esito. Il nostro sacrificio è il passato. Noi assumiamo l’ordine dal ricordo e dalla celebrazione. Siamo noi a vedere il sangue sugli stipiti come il sangue dei tempi. Ma non è nostro quel sangue: non possiamo averlo versato: non siamo morti. Noi siamo vivi. Nel giorno che viviamo noi osserviamo le leggi che furono scritte dai padri. Dobbiamo confessare la nostra iniquità che è l’iniquità dei padri. I peccati per i quali anche noi ci siamo opposti, in vita, li abbiamo ricevuti dal paese dei padri. Allora il nostro cuore si umilia e si scatena la nostra colpa. La colpa carnale. Noi siamo costretti all’umilaizione della carne e a quella della colpa. Non possiamo costruire un’espiazione, una fuga dalla colpa del passato (del potere). Noi non possiamo costruire una salvezza. Poiché non abbiamo voluto e vissuto il luogo dei padri, né il tempo (il passato). Noi osserviamo gli statuti, i decreti, le leggi e il comando che i padri ci hanno prescritto. Li mettiamo in pratica sempre. Né possimo dimenticare l’alleanza con loro, coi padri. Ma noi temiamo i padri, ne abbiamo terrore. E li serviamo. Come loro hanno fatto coi loro padri. Ne vogliamo scrivere la storia per non allontanarci da essi, per ricordarli sempre. Noi siamo nulla senza i padri, senza la città in cui vollero fermarsi. Senza le terre che lavorarono, senza le epoche che bruciarono e i capri e i servi che vollero morti. Il mistero della “vita dei figli” è la prova della sofferenza. E’ la colpa e l’intenzione di uccidere i padri. E’ la rivoluzione. Esiste dunque una “continuità nel mistero (un corpo che vive la realtà)”. Il “senso di caducità”, il desiderio della morte, dell’esistenza stessa del mistero, rappresenta l’unica volontà di sopravvivenza dei padri nei figli e dei figli nei padri. Quando i padri hanno ucciso un giusto o quando lo hanno compreso e lo hanno amato, ci hanno tradito. Perché l’hanno fatto per noi, a posto nostro. Noi non lo volevamo. Noi non abbiamo generato nessuno. Siamo caduti dalle mani e dagli occhi dei padri e abbiamo giurato loro l’obbedienza. Gli abbiamo rubato il pane, li abbiamo chiamati “cani” ma abbiamo agito contro di noi, mai contro di loro. Che ancora esistono perché noi esistiamo. Non abbiamo mai restituito la testimonianza o il messaggio nostro. Non abbiamo mai detto. Perché il nostro messaggio (la rivoluzione) è solo nel futuro. E per natura il futuro è solo ideale, mai reale. Non è mai compiuto. E il mistero è “per eccellenza del passato: non solo del passato come esso ci appare nel presente (mistero dei padri), ma anche del passato come esso ci appare nel Futuro (mistero dei figli)”. La continuità della morte e del fallimento si identifica con la “contiunuità del passato” e del mistero dell’inappellabilità. I nostri padri hanno voluto e amato l’olocausto. Per salvarsi l’hanno amato. Per offrirsi alla danza dei loro padri, loro hanno invocato olocausti e commesso delitti e sacrifici di comunione. Noi pure li abbiamo amati i loro deliti. Noi abbiamo coperto i loro crimini e li abbiamo fatti i nostri crimini. Noi abbiamo liberato i capi dei loro eserciti e se li abbiamo uccisi lo abbiamo fatto su loro ordine. Abbiamo ascoltato le suppliche dei padri e le preghiere. Li abbiamo ascoltati e abbiamo asciugato le loro lacrime. Abbiamo bevuto il loro sangue e giurato nei loro templi. Abbiamo abitato le loro case e letto le loro parole e ci siamo rimessi ai loro cuori. Abbiamo mantenuto le loro promesse e gli abbiamo camminato davanti. Abbiamo peccato contro i fratelli, abbiamo sputato sul giusto e lo abbiamo ucciso facendogli cadere sul capo la nostra colpa. Abbiamo dichiarato assassino l’innocente rendendogli l’offesa per la sua innocenza. Abbiamo bramato il potere e abbracciato il fascismo. Abbiamo amato i padri e il potere dei padri. Abbiamo amato il fascismo, cioò l’esistenza stessa dei padri; i loro atti sono diventati la nostra fama. Abbiamo difeso il potere e il passato. E l’esistenza dei padri. Noi abbiamo ancora bisogno della vita dei padri, della loro storia. Che è la nostra vita e la nostra storia. E’ la nostra terra. E’ l’acqua dei nostri pozzi. Noi saremo servi per sempre. Cresciuti nella schiavitù dei padri, “saremmo presi da un’angoscia intollerabile” se non sapessimo riconoscere la nostra esistenza e il nostro potere nell’esistenza e nel potere dei padri. Alla morte dei padri ci seppelliremo con loro. Noi, padri di nuovi figli, cadeveri da vivi. Sepolti nell’altare del potere (del fascismo). Il potere (il fascismo) giura al popolo il regno “irrazionale” del “Mistero”. “Anche quando non lo vogliamo, il passato determina le forme di vita che immaginiamo o progettiamo per il futuro”. Se noi erigiamo con le pietre un altare al passato e al potere noi conteniamo già in un sacrario il futuro. L’acqua scorre verso quell’altare e inatno lo assorbe e lo traforma in passato. “il potere è l’ideologia dei potenti”. E dei padri: nessun fuoco può consumare l’olocausto o asciugare l’acqua. Ecco, un esercito circonda noi e la città: noi aspettiamo, come servi, che un cristo ci mostri la nostra salvezza. Ma non avverrà. Non avverrà la rivoluzione. Noi siamo “impotenti”. Siamo vittime di una terra liberata del futuro. Siamo il sangue dei padri e dei nostri figli. Noi siamo i figli del re che pose le teste dei giusti nei panieri; noi siamo i figli precipitati dalle montagne della libertà. Siamo i sepolti dall’inganno e dalla gloria del fascismo. Il padre, il potente, vuole “stabilizzare il passato”. Lo può fare perché lo possiede. Possiede il tempo in cui vive. Perchè vive nel corpo e nel rimorso della morte. Noi siamo i figli di quella morte; che abbiamo amato quando mettevamo le mani sui nostri nemici e su quelli dei padri. Abbiamo versato sangue “precario nel pensiero della vittima che vuole distruggere il passato”. Noi siamo fascisti perché sterminiamo il futuro. La sciagura di questo luogo sono le parole attuate del passato. Le parole violente. le parole contro questo luogo e contro i suoi figli. Noi non siamo ambigui: vogliamo il potere perché amiamo i padri e le loro parole. Noi riferiamo le parole dei padri ai nostri figli, le tramandiamo a loro. E li uccidiamo. I nostri figli sono però ambigui: loro vogliono prendere le ossa dai sepolcri e bruciarle sull’altare. Vogliono profanare le parole dei padri. Loro vogliono creare un futuro, “un domani incerto”. I nostri figli sono pazzi e fuggono nel torrente e piangono e ci abbandonano. I nostri figli uccidono i padri. Loro piangono perché rinunciano alla vita, la sola vita possibile: quella del potere (del fascismo) perpetrato e trasmesso, continuato e disposto alla giusta causa. Vi brucerà l’olocausto e l’offerta del sangue se sceglierete “una vita da vittima”. Le azioni di chi si allontana dal peccato del potere (del fascismo) avvengono nella distruzione della libertà.
Jonata Sabbioni
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