Nota introduttiva ad Armelle Dumoulin
Polmoni aperti, voce cristallina, sangue caldo. E poesia ispirata a dovere. Voilà Armelle. Una sorpresa, ma se vogliamo essere sinceri, una vera e propria autrice, tra musica, poesia e teatralità, su cui abbiamo il piacere di soffermarci, grazie alla segnalazione degli amici di Chorus, in queste brevi riflessioni, ma su cui presto si ritornerà a scrivere, con un respiro più ampio e articolato.
Armelle Dumoulin è una scrittrice e cantante francese, che vive e lavora a Parigi, attiva ormai dal 2000, quando a 22 anni arriva nella capitale transalpina e da lì in poi inizierà a pensare e pesare le sue idee teatrali fondando l’Incroyable Théâtre Verbal. Da qui in poi sarà sempre attrice, il suo primo coté.
O, se si vuole, il suo primo beat.
Inizia così le prime scritture e le prime apparizioni teatrali che si intensificheranno sempre più: scrive due testi, Où vas-tu (monologo) e La la la la la la la la; debutta come attrice in spettacoli per l’infanzia – Arthur le pêcheur de chaussures, con Christian Paccoud; in spettacoli su testi contemporanei – Des baleines sur la seine di Emmanuel Dupuis; regista teatrale per il festival di Langlade, che frequenta costantemente in qualità di artefice (2005) e altro, altro ancora.
E, viste le qualità, media di nome e rispetto come France Inter, France Culture e Radio Nova iniziano ad interessarsi alla sua “figura”.
Ma lo spiazzamento – lo si può intuire come il più classico dei coup de théâtre – è dietro l’angolo…
Pourquoi la brume? Pourquoi de la brume maintenant? “Parce que tu es trop laid à nos yeux”, répondirent-ils. Vous vous trompez depuis le début ! Moi, je n’avais rien demandé ! J’ai seulement trouvé la parade de l’assis! Et je ne suis pas laid, ça fait un bon moment que je surnage, je suis un bon chien, non, je suis meilleurs qu’un chien alors pourquoi de la brume manitenant, je vous le demande ! Et je ne suis pas laid, je ne suis pas là !
© Dide 2008
© Dide 2008
© Dide 2008
© Dide 2008
© Dide 2008
Dal 2004 in poi invece alcuni fondamentali incontri la portano a compiere una consequenziale virata verso l’arte dei suoni: Alexandre Leitao, fisarmonicista, col quale farà nel 2004 proprio un tour in cui musica e poesia saranno in alternanza costante, tra canzoni, frammenti, prose altri componimenti melodici; Antoine Sahler, tastierista, che si unisce al duo, nel 2007.
E col duo, con l’aggiunta di Joe Quitzke alla batteria, registra proprio un anno fa (febbraio 2008) “cinque pezzi facili” come demo del suo primo disco: Armelle Dumoulin et les plombiers du réel. E, attualmente, il completamento proprio di questo progetto, con la registrazione di altri brani.
Armelle dunque tra teatro e musica. E il tramite – si sa – è la parola. Giocata musicalmente, elasticamente, foneticamente, ritmicamente, melodicamente, poeticamente, sonoramente, bruscamente, sordamente… contro la linearità. Di dover portare un solo significato, un solo tema, un solo senso.
In questi brani succede come nel grande teatro di Velère Novarina: si trovano nascosti segni di sensibili di alterità… sotto sotto, forse, in un “divenire animale”…
Non tagliare e ritagliare tutto in pezzi intelligenti, in parti intellegibili – come vuole la solita dizione del francese d’oggi, dove il lavoro dell’attore consiste nel tagliare il testo come un salame, nel sottolineare alcune parole, caricandole d’intenzione, ripetendo insomma l’esercizio di segmentazione della parola che si impara a scuola: frase smembrata in soggetto-verbo-complemento oggetto. Dove il gioco consiste nel cercare il vocabolo importante, nel sottolineare un membro della frase per mostrarsi un buon allievo intelligente – allorché, allorché, allorché la parola forma semmai una specie di tubo d’aria, un condotto a sfinteri, un tubo di scappamento regolare, a spasmi, a valvole, a getti interrotti, a fuga, a pressione.
Dov’è il cuore di tutto questo? È il cuore che pompa, che fa circolare tutto?... Il cuore di tutto è in fondo al ventre, nei muscoli del ventre. Sono proprio i muscoli del ventre che, spingendo intestini o polmoni, ci aiutano a defecare o a potenziare la parola. Non bisogna fare i furbi, ma mettere ventre, denti, mascelle al lavoro[1].
Così la “scrittura vocale” diventa quel passaggio obbligato che avvicina i segni della lingua alla carne, all’ umano troppo umano che oggi è visto come alienazione, difformità, o alla peggio anacronismo, spavalderia.
Mentre è solo vita, desiderio di danza, di canto, di depensamento! La la la la la la la la!
Da Rossini in poi, la musica vive di questo unico grande amore.
In questa raccolta i brani, Tache de vin, Les graviers, La chambre, Et nous au beau milieu, Gésir dans l’herbe i vari arrangiamenti e il dialogo tra musica e parole produce sempre la stessa risonanza-refrain : c’è poco da fare, la voce di Armelle svetta. La musica è suo ornamento. Con varie timbriche – dal melodico e armonioso di Et nous au beau milieu al forsennato finale di La chambre – ma sempre con una stessa vibrazione, una intensità che resiste a tutti i funambolismi vocali e ritmici.
E questa vibrazione, se sonoramente è dolce, concettualmente è dura. Non fa sconti. È un vero e proprio imprinting.
La bellezza di questi brani è poi profonda: non solo stilisticamente, per la strutture rigide ma aperte dei brani, la qualità musicale del ritmo di ogni singolo brano, che straripa spesso di assonanze, ma anche per i temi. Perché qui si tocca la poesia, o almeno, la sua necessità. Perché l’intimismo dell’ io alla fine è solo “monade” tra “monadi”: l’io è attraversato da varie scosse elettriche, il surrealismo, l’erotismo, il realismo. Come nella lezione di Michaux.
J’ai cassé mon porte-voix/ Il fonctionnait contre moi/ Selon l’avis des élites/ Ma cervelle est illecite
Armelle Dumoulin, signori e signore, è una funambola e una maschera, un pierrot. Si sente, inconsciamente, intuitivamente, il suo desiderio di trasporre la grande teatralità altrove: nella musica, per esempio, pop o da chansonnier che dir si voglia, nella scrittura, nella voce.
E da l’impressione di essere una di quelle creature che vivono solo la notte, ma solo in particolari condizioni: solo se baciate dalla luce lunare, la luce d’altrove, esse appaiono.
Alors si vous croisez un humain bien/ Dites lui qui Je suis pas bien loin
Il carillion dei pensieri parte… la silhouette della cantante appare… l’eco di una petit musique…
IL CORPO È UNA TROTTOLA CHE SALTA TRA I FILI
la luna fa capolino… la nostalgia si colora di magia… la luna, la luna riscalda… la scena s’accende… il corpo è una trottola che salta tra più fili… la scena t’accende… il corpo è una trottola il corpo è una trottola il corpo è una trottola.
QUADRO
LUCE
AZIONE!
Et nous au beau milieu
E col duo, con l’aggiunta di Joe Quitzke alla batteria, registra proprio un anno fa (febbraio 2008) “cinque pezzi facili” come demo del suo primo disco: Armelle Dumoulin et les plombiers du réel. E, attualmente, il completamento proprio di questo progetto, con la registrazione di altri brani.
Armelle dunque tra teatro e musica. E il tramite – si sa – è la parola. Giocata musicalmente, elasticamente, foneticamente, ritmicamente, melodicamente, poeticamente, sonoramente, bruscamente, sordamente… contro la linearità. Di dover portare un solo significato, un solo tema, un solo senso.
In questi brani succede come nel grande teatro di Velère Novarina: si trovano nascosti segni di sensibili di alterità… sotto sotto, forse, in un “divenire animale”…
Non tagliare e ritagliare tutto in pezzi intelligenti, in parti intellegibili – come vuole la solita dizione del francese d’oggi, dove il lavoro dell’attore consiste nel tagliare il testo come un salame, nel sottolineare alcune parole, caricandole d’intenzione, ripetendo insomma l’esercizio di segmentazione della parola che si impara a scuola: frase smembrata in soggetto-verbo-complemento oggetto. Dove il gioco consiste nel cercare il vocabolo importante, nel sottolineare un membro della frase per mostrarsi un buon allievo intelligente – allorché, allorché, allorché la parola forma semmai una specie di tubo d’aria, un condotto a sfinteri, un tubo di scappamento regolare, a spasmi, a valvole, a getti interrotti, a fuga, a pressione.
Dov’è il cuore di tutto questo? È il cuore che pompa, che fa circolare tutto?... Il cuore di tutto è in fondo al ventre, nei muscoli del ventre. Sono proprio i muscoli del ventre che, spingendo intestini o polmoni, ci aiutano a defecare o a potenziare la parola. Non bisogna fare i furbi, ma mettere ventre, denti, mascelle al lavoro[1].
Così la “scrittura vocale” diventa quel passaggio obbligato che avvicina i segni della lingua alla carne, all’ umano troppo umano che oggi è visto come alienazione, difformità, o alla peggio anacronismo, spavalderia.
Mentre è solo vita, desiderio di danza, di canto, di depensamento! La la la la la la la la!
Da Rossini in poi, la musica vive di questo unico grande amore.
In questa raccolta i brani, Tache de vin, Les graviers, La chambre, Et nous au beau milieu, Gésir dans l’herbe i vari arrangiamenti e il dialogo tra musica e parole produce sempre la stessa risonanza-refrain : c’è poco da fare, la voce di Armelle svetta. La musica è suo ornamento. Con varie timbriche – dal melodico e armonioso di Et nous au beau milieu al forsennato finale di La chambre – ma sempre con una stessa vibrazione, una intensità che resiste a tutti i funambolismi vocali e ritmici.
E questa vibrazione, se sonoramente è dolce, concettualmente è dura. Non fa sconti. È un vero e proprio imprinting.
La bellezza di questi brani è poi profonda: non solo stilisticamente, per la strutture rigide ma aperte dei brani, la qualità musicale del ritmo di ogni singolo brano, che straripa spesso di assonanze, ma anche per i temi. Perché qui si tocca la poesia, o almeno, la sua necessità. Perché l’intimismo dell’ io alla fine è solo “monade” tra “monadi”: l’io è attraversato da varie scosse elettriche, il surrealismo, l’erotismo, il realismo. Come nella lezione di Michaux.
J’ai cassé mon porte-voix/ Il fonctionnait contre moi/ Selon l’avis des élites/ Ma cervelle est illecite
Armelle Dumoulin, signori e signore, è una funambola e una maschera, un pierrot. Si sente, inconsciamente, intuitivamente, il suo desiderio di trasporre la grande teatralità altrove: nella musica, per esempio, pop o da chansonnier che dir si voglia, nella scrittura, nella voce.
E da l’impressione di essere una di quelle creature che vivono solo la notte, ma solo in particolari condizioni: solo se baciate dalla luce lunare, la luce d’altrove, esse appaiono.
Alors si vous croisez un humain bien/ Dites lui qui Je suis pas bien loin
Il carillion dei pensieri parte… la silhouette della cantante appare… l’eco di una petit musique…
IL CORPO È UNA TROTTOLA CHE SALTA TRA I FILI
la luna fa capolino… la nostalgia si colora di magia… la luna, la luna riscalda… la scena s’accende… il corpo è una trottola che salta tra più fili… la scena t’accende… il corpo è una trottola il corpo è una trottola il corpo è una trottola.
QUADRO
LUCE
AZIONE!
Et nous au beau milieu
Gianluca Pulsoni
Info:
Per contatti, acquisti del cd-demo Armelle Dumoulin et les plombiers du réel, informazioni sulla sua produzione e attività concertistica e teatrale, rimando a http://armelledumoulin.free.fr/ e al suo spazio “myspace”, dove sono ascoltabili le tracce del demo.
[1] V. Novarina, All’attore, trad. di Gioia Costa, Pratiche editrice, Parma 1998, p. 8.
Per contatti, acquisti del cd-demo Armelle Dumoulin et les plombiers du réel, informazioni sulla sua produzione e attività concertistica e teatrale, rimando a http://armelledumoulin.free.fr/ e al suo spazio “myspace”, dove sono ascoltabili le tracce del demo.
[1] V. Novarina, All’attore, trad. di Gioia Costa, Pratiche editrice, Parma 1998, p. 8.