domenica 7 agosto 2011

PASSENGER - DANIELE CIABATTONI / LORENZO BARTOLUCCI - SPAZIO NOVADEA/LIBRERIA PROSPERI, ASCOLI PICENO


Titolo: PASSENGER
Artisti: Daniele Ciabattoni, Lorenzo Bartolucci
Cura: Daniele De Angelis
Luogo: Libreria Prosperi-Spazio NovaDea, Largo Crivelli 8
63100 Ascoli Piceno
Coordinamento e comunicazione: Spazio NovaDea
Inaugurazione: 10 agosto 2011 ore 22.00
Periodo: 10-11 agosto 2011 dalle ore 22.00 alle 02.00
Info: 0736.259888 – 329.1979667, libreriaprosperi@hotmail.it

Apertura serale e doppio evento mercoledì 10 agosto 2011 per la notte di San Lorenzo alla Libreria Prosperi di Ascoli Piceno. Dalle ore 22.00 in poi, presso lo Spazio NovaDea interno alla libreria e lo spazio antistante il negozio in largo Crivelli 8, si inaugurerà Passenger doppia personale degli artisti Daniele Ciabattoni e Lorenzo Bartolucci, i quali proporranno due opere site-specific: rispettivamente, un'installazione audio-video e un'installazione video. Le opere saranno visibili per la sola notte tra 10 e 11 agosto.

Daniele Ciabattoni nasce ad Ascoli Piceno nel 1983. Grazie all'incontro con Alberto Cecchi, docente Universitario ed esperto di tecnologia digitale applicata alle arti, inizia una sua sperimentazione nel linguaggio della programmazione artistica, sul Live Media e sull' Interattività. Porta a termine il suo corso di studi con una tesi intitolata Interattività e Riabilitazione Motoria Neuro-cognitiva. Partecipa a molti festival internazionali sotto il nome di etichettadiscografica. Vive ora a Milano e lavora al progetto Live Video Ensemble insieme all'artista multimediale Claudio Sinatti e segue da ormai 3 anni un progetto AudioVisuale chiamato Segnali di Ripresa. Giovane sperimentatore delle arti elettroniche ed avanzatissimo esperto di Quartz Composer in applicazioni artistiche e professionali, è un prezioso collaboratore della Clonwerk per cui ha realizzato i sistemi di video mappature per diversi eventi come lo spettacolo teatrale il Pianeta Proibito e la tournè della cantante Elisa.
http://www.danieleciabattoni.com

Lorenzo Bartolucci, nato a Tortona (AL) il 26/02/1979, vive e lavora tra Ancona e la provincia di Macerata. Diplomatosi all’Accademia di belle Arti di Macerata ha cominciato ad affacciarsi al mondo dell’arte contemporanea con diverse mostre nel panorama regionale tra le quali ricordiamo: MARE MOSTRUM per il festival ADRIATICO MEDITERRANEO, POP–up ad Ancona, ARTIKA a Recanati. L’installazione è il modo con cui preferisce realizzare i suoi lavori sempre intrisi di un amara ironia!

giovedì 7 luglio 2011

POETI ITALIANI DEL DUEMILA (PALOMAR, 2011)

Per le edizioni PALOMAR, nella collana Le ciliegie curata dal professor Daniele Maria Pegorari dell'Università di Bari, è uscito da pochi giorni il libro di critica letteraria

POETI ITALIANI DEL DUEMILA, a cura di Giuliano Ladolfi (288 pagine, 16 Euro)

CONTE - CUCCHI - ANGIULI - OLDANI - VIVIANI - FIORI - DE ANGELIS - CENI - D'ELIA - MAGRELLI - PUSTERLA - RICCARDI - ZUCCATO - RONDONI - DEIDIER - RITROVATO - CATTANEO - IELMINI - TEMPORELLI - ITALIANO - RIVALI - BRULLO - FANTUZZI - NOTA - DI LECCE

Indice:

Introduzione, di Giuliano Ladolfi

La generazione del Sessantotto
Giuseppe Conte. Il classicismo contro l'angoscia della disidentificazione
Maurizio Cucchi. Una via d'uscita dal minimalismo
Guido Oldani. Il realismo terminale
Cesare Viviani. La "svolta" nella poesia italiana
Umberto Fiori. La parola chiara e forte
Milo De Angelis. La parola come ricerca
Alessandro Ceni. La parola neoorfica

Oltre il novecento, la realtà
Gianni D'Elia. La parola tra poesia civile e poesia lirica
Valerio Magrelli. L'esito del "Novecento"
Fabio Pusterla. La parola poetica come difesa dal "vuoto" della civiltà
Antonio Riccardi. La tradizione come barriera contro il minimalismo
Edoardo Zuccato. "Ombra di sole nascosto"
Davide Rondoni. La parola dedicata
Roberto Deidier. La circolarità del viaggio
Salvatore Ritrovato. La fuga della parola

La generazione della complessità
Simone Cattaneo. Le parole sono pietre
Riccardo Ielmini. Il senso dell'esistenza
Andrea Temporelli. La consistenza del reale
Alessandro Rivali. La storia nella parola
Davide Brullo. La parola profetica
Matteo Fantuzzi. La parola "disincantata"
Davide Nota. La poesia come azione di "controcultura"
Serena Nunzia Di Lecce. La parola come specchio

sabato 11 giugno 2011

IL CANTO DELL'ACQUA / RITRATTI - IVANA MANNI / MARCO FULVI - SPAZIO NOVADEA/LIBRERIA PROSPERI, ASCOLI PICENO


Titolo: IL CANTO DELL'ACQUA / RITRATTI
Autore:
Ivana Manni
Artista:
Marco Fulvi
Luogo:
Libreria Prosperi-Spazio NovaDea
Largo Crivelli, 8 – 63100 Ascoli Piceno
Coordinamento e comunicazione:
Spazio NovaDea
Inaugurazione:
17 giugno ore 18.00
Periodo esposizione:
17 giugno – 2 luglio 2011
Orario mostra:
dal lunedì al sabato
9.00-13.00 16.00-20.00
Info:
0736.259888 – 329.1979667
libreriaprosperi@hotmail.it

Ancora un doppio evento venerdi 17 giugno 2011 alle ore 18.00, presso lo Spazio NovaDea della Libreria Prosperi di Ascoli Piceno: la scrittrice Ivana Manni presenterà il suo ultimo libro Il canto dell'acqua, edito dalla Marte editrice, mentre l'artista Marco Fulvi inaugurerà la personale Ritratti, visitabile fino al 2 luglio.

IL CANTO DELL'ACQUA di Ivana Manni
L'energia liberatoria, che rompe i diaframmi e i blocchi, è il canto dell'acqua: il flusso, strano e improvviso, che avvia il movimento: quello interiore, quello cosmico. […] L'esistenza, così liberata, diventa agevole: è l'Eden sognato, inutilmente idealizzato e in verità facilmente realizzabile, quando l'acqua vince sugli altri elementi e la musica rivela di essere la vera sostanza dell'universo in cui il sogno si identifica con la realtà, l'adulto con il bambino, il femminile con il maschile, il giorno con la notte. (dall'introduzione di Quirino Principe)

RITRATTI di Marco Fulvi
Marco Fulvi, scevro da barocchismi, congela su fondi cromatici di squisita vivezza personaggi privi di orpelli. Letteralmente messi a nudo, essi sono vestiti soltanto della loro mimica facciale. Ogni sguardo, ogni alzata di sopracciglio, ogni sorriso abbozzato o ruga d'espressione caratterizza fortemente la figura e la rende “unicum” nell'economia della composizione. (Lorena Narcisi)

Ivana Manni è architetto; vive e lavora ad Ascoli Piceno. Ha collaborato come scenografa per la pubblicità televisiva e per il cinema. Ha pubblicato: Corpo leggero, raccolta di poesie e disegni (Tracce) e il romanzo I dolci della fortuna (Sovera). È presente nelle antologie Melodie della terra di Plinio Perilli e La poesia delle Marche di Guido Garufi.

Marco Fulvi vive e lavora a Grottammare. Con la sua prima mostra, Rifacimenti, espone presso la Libreria Edison di Firenze, il palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno e la Limonaia in Chianti. Segue la mostra/convegno Il Narcisismo presso la sala Kursal di Grottammare. Nel 2006 espone, nella mostra Banda 25, i ritratti della Banda Osiris, presso il palazzo della Regione di Mantova e presso la fondazione Bolaffi di Torino. Nel 2007 espone Polittico presso la Torre Bruciata di Teramo e, successivamente, presso la galleria Trastart di Roma e il gruppo Donatello di Firenze. Nel 2008 vince il premio Perla dell'Adriatico e partecipa alla mostra Arte a confronto nel palazzo Palffy di Bratislava.

giovedì 2 giugno 2011

CARMELO BENE, CONTRO IL CINEMA

[di Gianluca Pulsoni]


Minimum Fax ha ripubblicato da poco alcune delle più belle interviste di Carmelo Bene sul cinema in un volume dal titolo Carmelo Bene, contro il cinema, a cura di Emiliano Morreale (euro 15). L’iniziativa è importante per almeno due motivi: come gesto che recupera dall’oblio frammenti del pensiero straordinario di un genio, sempre troppo dimenticato e sempre troppo poco riconosciuto nella cultura nazionale per quello che è riuscito a rivelare e anticipare; come testimonianza importantissima che possa fungere, a suo modo, da solido contributo per rilanciare un discorso serio – quindi di ricerca – sul cinema stesso.

La selezione del materiale e la composizione dell’opera seguono un criterio cronologico, mostrando così alla lettura tanto le costanti dell’autore – negli esempi e nelle sue convinzioni tecnico-espressive – quanto le tracce del divenire di un pensiero critico, se non addirittura filosofico, sul cinema e in generale sui mondi legati all’immagine, così che con la progressiva lettura del volume si acquisisce facilmente la percezione di come sia cambiata nel tempo la lettura che Bene ha dato del mezzo. Oltre a ciò, un’altra qualità del libro che risalta all’occhio è quella di offrirci in modo organico parte di quella moltitudine di strumenti critici scoperti e utilizzati dal nostro nella sua direzione “contro”: difatti, se ci si pone più in profondità della dimensione polemica suggerita dal titolo e più in generale da alcune invarianti assunte nel tempo e nei media dalla postura beniana, si possono recuperare agilmente le principali basi costruttive del rapporto CB/cinema, componenti fondate su una idea di ricerca e su alcune linee-guida, che investirebbero tanto il linguaggio quanto il mondo del cinema stesso, soprattutto nella sua ricezione e interpretazione. Un esempio? Il concetto di “ambiguità scientifica”, qualcosa forse di non totalmente inedito nel suo vocabolario ma che egli riesce a spiegare icasticamente in una conversazione con A. Aprà e G. Menon del 1970, indicandolo come l’unico modo e metodo con cui l’esercizio critico può paradossalmente riuscire a dialogare con l’opera d’arte.

Carmelo Bene, contro il cinema rappresenterebbe allora un libro “teorico”, tale da fornire a chi lo legga chiavi e mezzi per comprendere non solo parte dell’opera dello stesso Bene ma anche il cinema di oggi, nonché studiare vie possibili per quello di domani e, con altre pubblicazioni in merito, come la conversazione sul calcio con E. Ghezzi, Discorso su due piedi (il calcio) e i passaggi specifici dedicati nella “Vita”, si direbbe che possa addirittura formare una ideale bibliografia del suo pensiero sull’argomento specifico, tanto da rendere a questo auspicabile e desiderabile vedere tale lista ancora più ricca, integrata magari da una pubblicazione “radicale” e che sembrerebbe oggi dimenticata: L’orecchio mancante. Speriamo che nel futuro possa essere possibile.

NEL DEMONE DEL FEMMINILE

Su Virus71 di C. Daino
[di Gianluca Pulsoni]

‹‹ Non sono in forma, non sono piena/ non sono più ti dico che ho smesso/ da tempo ti ho detto che ho smesso/ l’essere dove il corpo si trova/ ho smesso di abitare le mie ossa ››. Come una confessione privata e allo stesso tempo una sottile dichiarazione di poetica – ma in questo caso la poesia è davvero tutto – questi cinque fulminanti versi introducono al meglio, a nostro avviso, l’incontro che un lettore può fare con Chiara Daino e il suo libro Virus71 (Aìsara, Cagliari 2010, pp. 126, euro 10).

L’autrice in questione è una artista polimorfa – www.chiaradaino.it è il suo riferimento in rete dove trovare tutte le informazioni – capace di lavorare nella recitazione, nella musica, nella scrittura portando avanti un coraggioso e coltissimo discorso-lavoro sulla lingua italiana, in cui ricerca e gioco, necessità e invenzione, convivono con forte coesione.

In questo suo nuovo libro, ideale prosecuzione del precedente La Merca, continua la sua personale meditazione su due argomenti che dovrebbero essere sempre i “fondamentali” per ogni scrittore che si rispetti: il linguaggio e il proprio io.

Linguisticamente, Virus71 è un esercizio di “spaesamento”: qui il lirismo, benché espresso usando metriche e formule perfette e piene di perizia tecnica, viene continuamente mosso e “contagiato” da una grande varietà di tracce anti-poetiche: espressioni gergali, anatemi, manierismi, prestiti lessicali mutuati altrove, anacronismi nonsense, stilemi teatrali etc. Con inoltre un ritmo del dettato che rimane forsennato, tanto che si ha l’impressione che il libro piuttosto che scritto, sia anche se non soprattutto detto.

Ma questo lavoro sul linguaggio sarebbe nulla se non fosse centrale, nel libro, la “nudità” dell’io dell’autrice: corpo duro (“metallico”) ma umanamente fragilissimo, perché prezioso; coscienza che racconta e si racconta; voce che canta e si di-strugge, nei tormenti e nelle ferite, nel pensiero e nel sesso, nel rapporto col proprio inconscio e nel rapporto con l’altro, con l’uomo.

Virus71 si struttura infatti come un poemetto in cui la voce riporta al “presente”, come in un rituale, da un lato i propri compagni maschili di sesso e vita, dall’altro la propria intimità nella forma di una bambina saggia (‹‹ Dov’è quella bambina saggia, Key/ che giocò con la vita per tutti i Mille Anni,/ fronteggiando la neve minuta a petto nudo,/ bevendo, facendo segnali, senza curarsi di sé/ né del diaccio, non del desco, né del dolore? ››).

Da qui in poi inizierà un viaggio dentro i percorsi rievocati in cui diventa chiaro una specie di itinerario che l’io, preso dentro queste fitte trame, compie, ovvero un cammino verso uno stato di coscienza in cui tutto diventa progressivamente afferente alla corporeità, tutto possibile, tutto una promessa di liberazione; in balìa di quel sentimento già espresso dall’autrice di Cime Tempestose e teorizzato da Carmelo Bene per il suo teatro: il demone del femminile.

sabato 28 maggio 2011

LA MADONNA DI MEZZASTRADA - CONCERTO ACUSTICO - SPAZIO NOVADEA/LIBRERIA PROSPERI, ASCOLI PICENO


Titolo: La Madonna di MezzaStrada – concerto acustico
Musicista: La Madonna di MezzaStrada
Luogo: Libreria Prosperi-Spazio NovaDea
Largo Crivelli, 8 – 63100 Ascoli Piceno
Coordinamento e comunicazione: Spazio NovaDea
Inaugurazione: 3 giugno ore 18.00
Info: 0736.259888 – 329.1979667, libreriaprosperi@hotmail.it

Venerdi 3 giugno 2011 alle ore 18.00, presso lo Spazio NovaDea della Libreria Prosperi di Ascoli Piceno, si svolgerà il primo concerto acustico de La Madonna di MezzaStrada, band perugina ma di origini marchigiane, la quale per l'occasione presenterà anche i due EP auto-prodotti, in attesa del primo disco ufficiale prodotto dalla Skylab Production di Terni.

La Madonna di MezzaStrada rivendica il diritto di contenuto, umiliato e sottovalutato in ambito musicale, al fine di una rinascita del pensiero indipendente e di una musica che possa essere qualcosa di più di intrattenimento e divertimento. Tra canzoni aggressive e graffianti, rimandi alla letteratura e ispirazioni quotidiane, alla ricerca di un nuovo cantautorato, si esplica tutta l'energia de La Madonna di MezzaStrada, con la speranza di raggiungere le orecchie di chi voglia ascoltare.

La Madonna di MezzaStrada nasce nel 2008 a Perugia, come duo acustico, dall'incontro del chitarrista e cantante Fabio Ripanucci e del chitarrista Luigi Del Bello. Nel 2009 il progetto si allarga, definendo l'attuale formazione, al bassista Fabrizio De Angelis e al batterista Simone Sensoni, virando verso un rock elettrico e cantautorale. La Madonna di MezzaStrada, in questi anni, si è esibita nelle Marche presso il Taloon, il Velvet Underground, il Pao e nelle finali dell'Alternative Version in Piazza del Popolo ad Ascoli Piceno; in Umbria ha suonato al Norman club di Perugia e come gruppo spalla dei Marta sui Tubi all'Urban club di Perugia.
http://www.myspace.com/lamadonnadimezzastrada
http://www.facebook.com/group.php?gid=304191030574
http://www.facebook.com/pages/La-Madonna-di-MezzaStrada/128146060577319?v=app_2405167945

lunedì 23 maggio 2011

IL SOGNO DI UNA RIVOLTA SENZA CANONE - RAIMONDO IEMMA SU "LA RIMOZIONE" DI DAVIDE NOTA


Il sogno di una rivolta senza canone
di Raimondo Iemma


Questo nuovo libro di Davide Nota si iscrive – pur nella sua totale autonomia – in un progetto di scrittura che dura ormai, nonostante la giovane età dell’autore, da diversi anni. Anni nei quali un’opera – con tutti i necessari cambi di passo, aggiornamenti e inclusioni – sta prendendo forma, rivelandosi nel suo valore. La rimozione, nuova testimonianza di questo percorso, segna un’ulteriore crescita.
Sin dalla prima sezione, “La muta”, emerge quello che è al tempo stesso il tema cardine di questa raccolta e la prova che essa si propone di affrontare (e che il lettore ritroverà, in altra forma, anche nei brani successivi): la necessità vitale di un’immersione sentimentale nel mondo; di squarciare, quindi, quel filtro sulla realtà che è lo sguardo umano. Non è dunque un caso se questi primi testi animano un teatro naturale, boschivo, quasi inospitale:

Non molti hanno dei nomi più quei luoghi.
L’odore dei ricordi è una parola.
S’aggruma nella selva ambigua cosa
di muschio e terra madre, neve e cenere.

Ma è appunto nell’ambiguità del rimosso – vorremmo dire nella sua schizofrenia – che si muove il discorso. Nel rifiuto di ogni rappresentazione della realtà – dei luoghi, dei corpi, delle azioni – che non sia dettata dall’esperienza; e nello scontrarsi di questa volontà con la condizione di soggettività (e dell’esser soggetti a un “non potere”) che è propria dell’uomo. L’origine stessa è ferita, fuori da ogni storia, ed è questa ferita ormai invisibile – come il germoglio sepolto dalla neve che compare in una delle poesie – a venire ricercata.
Anche quando Davide Nota affronta una riflessione più propriamente politica, come avviene non solamente ne “Il fiore del fascismo universale”, ma anche nel ciclo successivo, “Viola” – nel quale la “rete” non è soltanto intesa come trappola della virtualità, ma ancora come elemento di alienazione e paralisi – lo spirito è quello della ribellione. Tuttavia, come il lettore potrà notare, al di fuori e addirittura opposto al rituale automatico e impersonale del vocabolario della rivolta. A testimoniarlo, basti ad esempio un passaggio come il seguente

E quella notte apparvero infuocate croci.
Un cimitero di bottiglie incomprensibile ai più.
Paesaggio verde e nero
di infrarossi e fanale.
In fila pisciavamo contro il mare.
“Starò con i miei amici
fino alla fine del mondo.”.

che istintivamente ci riporta ad altre prove dell’autore, caratterizzate dalla stessa forza disgraziata, da quel bisogno di “(…) ridere commuoversi gridare / antisociali e belli parlare / a voce alta, parlare sempre…” (dal precedente lavoro di Nota, Il non potere). Appare chiaro come questo esercizio di vitalità non possa che comportare l’abiura di qualsiasi giudizio morale. Al contrario: alla denuncia dall’esterno si sostituisce la dolorosa ma necessaria presa in carico (che non è solo del poeta, ma anche dell’uomo, del ragazzo) delle ossessioni del presente, delle manipolazioni che il potere opera sulle coscienze, finanche sui corpi. Da cui il discorso – ineludibile – sulla sessualità, presente in maniera esplicita nel capitolo “La gravità”, ma che più generalmente pervade l’intera raccolta.
È “un corpo ricusato dalla storia satura” a cercare l’apertura (e a cercarla, irregolarmente, là dove la trova). Il concetto stesso di “chiusura”, che viene riportato nelle due sezioni finali del libro, non può non legarsi a quello di “origine”.
Non può, in altre parole, non fondarsi su un’operazione di recupero:

Occorre ritrovarsi. Su questo bagnasciuga
reticolato. Dentro queste macchie
di acquerelli e pixel. Nel cielo
sfibrato. Occorre comunque ritrovarsi.

Ma questa nuova sete non sarà una semplice ricerca di libertà a partire da una generica condizione di sottomissione (non è questo il caso; e neppure si tratta della ricerca di una montaliana “maglia rotta nella rete”); piuttosto l’abbandono di ogni artificio, che finalmente permetta un contatto con la realtà non più filtrato dal modo.
Il lettore avrà certamente l’occasione non solo di individuare nuovi spunti interpretativi, ma anche di permettere, se dovrà essere il caso, che questo libro lasci una traccia nella propria vita. Considerando, se lo vorrà, ulteriori aspetti.
Per La rimozione e, più in generale, per il lavoro di scrittura di Davide Nota, risulta difficile applicare una definizione di genere che ne identifichi il percorso entro un canale prestabilito (e, d’altra parte, non ci sarebbe ragione di farlo). La sua rivolta del ridicolo non è semplice provocazione, bensì superamento dei concetti di “buono” e “cattivo” gusto. Per usare un riferimento tangibile, Nota è fratello tanto del Rimbaud di “Sensazione” quanto di quello di “Venere Anadiomene”.
Potremmo allora considerare che questo progetto poetico ricada in ciò che Deleuze e Guattari chiamano “letteratura minore”: intesa, naturalmente, non nella scala di valore artistico, ma nell’intento di “(…) fare della propria lingua un uso minore. Essere nella propria lingua come uno straniero”, evitando dunque di “assolvere una funzione maggiore del linguaggio, offrire i propri servizi come lingua di Stato, lingua ufficiale”. È questo il luogo della sua rivolta. Con il sogno, che questo libro ci consegna, di superare ogni posa, sfuggendo anche alla macchina della parola.


Da Davide Nota, La rimozione (Sigismundus Editrice, 2011)